LA CULTURA A CATTOLICA ERACLEA

ESTRATTO DAL LIBRO DI LORENZO GURRERI "Da Eraclea Minoa a Cattolica".
Arte e cultura

Il patrimonio artistico di Cattolica Eraclea, riveste particolare importanza nella provincia di Agrigento. Accanto agli inestimabili tesori archeologici già citati, vanno menzionate le due ampie piazze (piazza Roma e piazza Umberto) del centro storico, su cui insistono:
- Il palazzo del marchese Gaspare Borsellino (Piazza Roma), costruito nel 1751-1774 con pietra borancina e materiale gessoso. Particolarmente interessanti: il portale, le balconate d’angolo e il cornicione sormontato da grandi pigne. Lo stile del palazzo è stato annoverato al tardo-barocco. L’interno è costituito da ampie sale, ricche di decorazioni ed affreschi, probabilmente dovuti a Raffaello Politi, che per un lungo periodo soggiornò a Cattolica. Il palazzo sul finire del XIX secolo è stato oggetto di restauri e modifiche, che hanno interessato principalmente il portale. L’ultimo restauro risale agli anni 1985-1995.
- Il palazzo del principe Giuseppe Bonanno (Piazza Umberto), è stato costruito a più riprese negli anni che vanno dal 1760 al 1778. Imponente nella struttura, risente nei suoi sette balconi dell’influenza del tardo barocco spagnoleggiante. Interessante il portale semplice e lineare. Oggi l’interno del palazzo è poco praticabile.
-Nella stessa piazza si trova il palazzo comunale e la torre dell’orologio, costruiti nel primo decennio del secolo XX, su un preesistente edificio. Particolarmente interessante la torre dell’orologio, progettata dall’Ing. Donato Mendolia su Incarico del sindaco Dima Borsellino e costruita nel 1903, mentre era sindaco Francesco Paolo Spoto.
- Nella piazza Roma si trova il palazzo della nobile famiglia Borsellino, ricostruito nel 1978, sotto la direzione dell’architetto Ettore Chelazzi di Firenze, in pietra serena, ma nel rispetto dello stile architettonico dell’antico palazzo del barone Pompeo Spoto, risalente al 1764.[1]  Il portale e il balcone soprastante sono stati ricostruiti in pietra borancina, com’erano in origine.
- Sono, infine, degni di nota i numerosi portali delle case del centro storico.






 
 














          Piazza Umberto, palazzo del principe Bonanno e Municipio. Foto di M. De Cicco.


























 
 














           
                  
                   

















Piazza Umberto e torre dell’orologio comunale. Foto di Angelo Tortorici.

La chiazza nica
la fimmina all’antica.
La chiazza granni
l’amuri senza ‘nganni!




 
 



















Palazzo del marchese Borsellino. Foto di M. De Cicco.

Angolo del palazzo del marchese G. Borsellino. Foto di C. Randisi.
Ad arricchire il patrimonio artistico di Cattolica contribuiscono in maniera determinante le chiese[2]:
- Sant’Antonio Abate, la prima chiesa costruita in Ingastone-Cattolica nel periodo che va dal 1603 al 1608 per volontà del barone Blasco Isfar et Corilles, è stata più volte ristrutturata. Fino al 1612 ha fatto da Matrice. Artisticamente notevole per il portale della facciata principale, che presenta al centro un rosone, e per la pregevole statua del santo del 1650, opera dello scultore Pellegrino De Plazza.[3] Vi si trova anche una statua di San Francesco D’Assisi in atto di ricevere le sacre stimmate.
- Sant’Antonio da Padova, costruita nel 1622 all’ingresso del paese sulla strada che da Raffadali conduceva a Cattolica, passando per Capodisi e Monforte. Opera pregevole per la semplicità e la bellezza naturale. Da ammirare la scalinata delimitata da palme rigogliose, il portone di legno scolpito e la facciata principale.
- Delle anime del Purgatorio, fatta costruire da un ricco commerciante di stoffe Cesare Tedesco nel 1626, dopo essersi salvato dall’assalto di un avvoltoio nei pressi della località Mangialomini.  In questa chiesa, dedicata alle anime del Purgatorio e sita in piazza Roma, si possono ammirare un maestoso organo a canne, la statua di San Pasquale Baylon di Lorenzo Girasole e la tela del Martirio di Santo Stefano del pittore Pietro Novelli. Da apprezzare la maestosità della torre campanaria, anche se in parte deturpata dagli edifici, di recente costruzione, che la circondano.
- Madonna della Mercede, costruita nel periodo 1615-1636, unitamente al convento dei Frati Scalzi, si distingue dalle altre per la semplicità delle decorazioni, che per certi aspetti si richiamano all’arte classica. All’interno della chiesa si trovano: una statua della Madonna Nostra Signora della Mercede col bambino Gesù sul braccio sinistro dello scultore Vecchio Bagnasco, una statuetta in alabastro della Madonna attribuita al Cagini, una tela di Fra Fedele di San Biagio “San Vito Martire”, un crocefisso del 500 proveniente da Alessandria della Rocca e la lapide di Francesco Isfar et Corilles con lo stemma di famiglia, che la sorella Giovanna, per onorarne la memoria, ha considerato “Catholicae primo aedificatori”. La chiesa è stata restaurata e riaperta al pubblico nel settembre del 1987.
- Collegio di Maria, costruita nel 1631 da Giovanna Isfar per servire da cappella familiare. Fu adornata da stucchi dorati e da altarini di marmo, dedicati alla Beata Vergine Maria. Nel corso degli anni, è stata oggetto di continue riparazioni, tuttavia, essendo ancora considerata inagibile, non è stata aperta al pubblico.
- Madonna del Santissimo Rosario, costruita nel 1638 in seguito ad una donazione di don Vincenzo del Bosco, duca di Misilmeri e marito della principessa Giovanna, su una preesistente chiesa, risalente al 1608.
Una delle chiese più importanti è quella della Madonna del Rosario, eretta per dono di don Vincenzo Del Bosco e della consorte donna Giovanna Isfar et Corilles, Principessa di Cattolica. Nell'anno 1912 durante i lavori iniziati dal Sac. Giuseppe D'Angelo per l'ingrandimento della cappella di San Giuseppe, fu trovata la prima pietra di costruzione della chiesa con la seguente iscrizione: A.M.D.G.MO-MO Donante ill. et excell. Domino D. Vincentio Bosco Principe Catolicae et D. Ioanna eius uxor dilectissima Anno Domini MDCXXXVIII, Mense Martii in die Annuntiationis dominicae, quo tempore erat concionator R.P.F. Thomas Rossi Panorminatus et posuit primam lapidem pro structura domus.[4]
I principi stabilirono di dotare la chiesa parrocchiale, diventata Matrice e sede dell’Arcipretura, di una rendita di 40 onze annuali e, in accordo con le autorità ecclesiastiche, si riservarono il diritto ereditario di patronato, consistente nel segnalare il parroco da nominare arciprete. 
La chiesa, dedicata a Maria Santissima del Rosario, ha fatto da Matrice fino al 1760. La facciata principale è caratteristica, presenta un rosone al centro, sormontato da un campanile a tre sezioni. Artisticamente interessante per le tre navate interne, per un piccolo altare ligneo e per le tele che in essa sono custodite: San Giovanni Battista, La Madonna penitente, S. Tommaso D’Aquino e Santa Cecilia, opere del pittore Raffaello Politi. Inoltre, in questa chiesa sono state tumulate le salme del marchese Gaspare Borsellino, primo Pro-Conservatore della Terra di Cattolica, e della moglie.
- San Calogero e l’annesso Calvario (una delle meraviglie della cittadina), costruiti nel 1696 sulla collina che sorge in vicinanza dell’attuale cimitero, alla periferia del paese, da un eremita proveniente da Santo Stefano. Degne di nota sono le edicole votive che si trovano sul lato destro della strada sterrata che porta in cima alla collina. Il Calvario è uno dei più caratteristici della provincia di Agrigento ed è famoso per la somiglianza con il sito dove Gesù fu messo in croce.
- La chiesa Madre, intitolata allo Spirito Santo e al SS. Redentore, fu costruita nel periodo che va dal 1745 al 1787. La costruzione fu iniziata da don Ignazio Cucchiara e, dopo la sua morte avvenuta nel paese natio Prizzi il 1° settembre del 1773, fu proseguita dal cattolicese don Pietro Magrì, il quale la completò, l’arricchì sontuosamente con decorazioni varie e tele artistiche e l’inaugurò solennemente il primo gennaio del 1788, intitolandola allo Spirito Santo.
Nell'anno 1760 il parroco don Ignazio Cucchiara ebbe l'idea di ingrandire la preesistente chiesetta[5] per fondare una nuova Matrice, essendo la chiesa della Madonna del Rosario insufficiente a contenere i numerosi fedeli, che in occasione delle festività vi si recavano. Promosse una raccolta popolare ed acquistò le case private confinanti con la vecchia chiesa. Il progetto di demolizione della vecchia e di costruzione della nuova chiesa diede luogo ad una protesta scritta e inviata al Principe di Cattolica, fatta dalla famiglia Manganante, che abitava vicino alla chiesa e temeva che l’immensa mole del futuro duomo avrebbe sepolto nella “perpetua ombra” la loro abitazione. In seguito la protesta fu ritirata per l’intercessione di due sacerdoti della famiglia Manganante.[6]
La chiesa Madre, costruita a croce latina, presenta elementi caratteristici dell’arte barocca siciliana. L’interno ha una superficie di 150 mq in un’unica navata con due bracci a crociera. Ultimamente era stata sottoposta a considerevoli restauri ed era imminente la sua apertura al pubblico. Disgraziatamente, nel dicembre del 2003, a causa di grandi piogge (com’era già avvenuto nel passato per il campanile), è crollata la cupola centrale, causando la distruzione di alcune opere d’arte.[7] In essa, prima del crollo, era possibile ammirare: la tela raffigurante Maria Santissima del lume di autore ignoto, donata dal sacerdote Giuseppe Caraccioli, un quadro di Maria Addolorata del Conca di Napoli e alcune tele di Raffaello Politi, tra cui San Biagio martire, Il cuore di Gesù, Santa Lucia, Maria Maddalena, La caduta da cavallo di San Paolo e l’adorazione dei Re Magi. Altra opera pregevole la porta dell’entrata principale, che si deve al maestro Luca Bartolomeo di Sciacca.
Nel 2009 sono iniziati i lavori di messa in sicurezza e ricostruzione della cupola e si spera che presto possa ritornare agli antichi splendori. Tuttavia, bisogna far rilevare che in questi ultimi mesi del 2010 i lavori vanno molto a rilento e subiscono delle lunghe pause. Occorre che tutta la cittadinanza contribuisca a smuovere le acque stagnanti della burocrazia e dia il proprio aiuto morale ed economico, come è già avvenuto nel passato, al dinamico arciprete don Nino Giarraputo, per ridare al più presto al paese il suo cuore pulsante: la Chiesa Madre.
- In questi ultimi anni è stata costruita una meravigliosa villa: Villa del Paradiso per opera di don Giuseppe Miliziano, il quale accoglie ed assiste benevolmente tutti i visitatori, provenienti in gran numero dai paesi vicini. La predetta località ben si presta all’organizzazione di ritiri spirituali ed è diventata metà preferita dei fedeli che visitano Cattolica Eraclea.
Negli uffici comunali e nella biblioteca si possono ammirare tele dei seguenti pittori contemporanei: Pietro Amato, Antonino Contino, Giuseppe D'Angelo e Pino Miceli.





 

 
 















   Ingresso della chiesa di Sant’Antonio Abate                              Statua  di Sant’Antonio Abate


 

 
 







   










                                               Chiesa di Sant’Antonio di Padova





 


 
 





















Chiesa del Purgatorio costruita nel 1626                                   L’organo 





 

 

 




















Chiesa della Mercede                                                          Deposizione di Gesù .






 

 
 




















                    Chiesa del Collegio .


 
 


















                                                  Altare laterale dedicato alla Madonna



 
 





                                                                                                                                         
        


   F. 75 Chiesa della Madonna del Rosario.                     












Torre campanaria della chiesa del Rosario.


 
 















Piccolo altare ligneo.


Lapidi del Marchese Gaspare Borsellino e della moglie.


 







































                                     Il Calvario e la chiesa di San Calogero

Chiesa Madre prima e dopo il crollo.






 
                                Maria Maddalena                                                           Adorazione di Gesù
























 

 
 




















Villa del Paradiso

La partecipazione dei cattolicesi all'arricchimento culturale regionale e nazionale, seppur modesta, è molto significativa. Nel corso dei secoli, ad iniziare da Diego Miceli per finire ai giovani di oggi, Cattolica Eraclea ha partecipato ai movimenti culturali, non solo come paese importatore, ma come esportatore di pensiero. Si ritiene cosa utile accennare alle opere letterarie, storiche, filosofiche, economiche e di medicina, scritte dai nostri concittadini.
Abbiamo già avuto modo di vedere quanto grande sia stata l'influenza di Pasquale Leonardi Cattolica, sia nel campo culturale-politico sia in quello medico. Nella sua qualità di professore d’ostetricia della regia università di Napoli si è prodigato per diffondere le sue conoscenze e le sue esperienze, ha scritto e pubblicato molte opere tra cui ricordiamo: 1) Lezioni di anatomia descrittiva; 2) Manuale d'istruzione per le levatrici; 3) La storia dell'operazione cesarea; 4) Dell'opera del medico generico nei servizi d'urgenza. È morto il 22 luglio del 1845, dopo aver indicato con tratti indelebili la via agli altri studiosi di medicina cattolicesi. L’Accademia Reale delle Scienze di Napoli gli ha eretto un monumento nel cimitero di Napoli, dove erano tumulati i grandi uomini del Regno.
Il suo esempio ha spronato nelle ricerche altri medici tra cui Giuseppe Castelli e Pasquale Pacino, i quali si sono affermati il primo nella medicina chirurgica e il secondo nelle scienze naturali.
Nel corso dei secoli, nel campo della medicina Cattolica Eraclea si è sempre distinta, dando i natali a medici di fama nazionale, tra cui, oltre ai predetti, possiamo annoverare: Michele Castronovo, che ha lavorato accanto al celebre prof. Tanzini ed ha pubblicato due opere molto interessanti: La glicosuria alimentare nelle malattie di fegato e Sui casi di pietra vescicale nel triennio 1892-95; l'oculista prof. Gaspare Borsellino, il chirurgo Raimondo Borsellino, il prof. Pietro Leo ordinario di Patologia Chirurgica dell'università di Palermo ed autore di svariate pubblicazioni medico-scientifiche, nato a Cattolica il 16 agosto 1932, da Francesco e Rosalia Vaccarino. Iscrittosi alla facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Palermo, ha conseguito la laurea  nel 1955. Negli anni seguenti ha percorso tutte le tappe della carriera universitaria, iniziata in qualità di assistente volontario presso l’Istituto di Clinica Chirurgica dell’Università di Palermo  e proseguita con l’abilitazione alla libera docenza ed il ruolo di Assistente Ordinario. Nel 1971 ha conseguito l’idoneità nazionale a Primario di Chirurgia Generale, cui sono seguiti tanti altri significativi traguardi scientifici. Dal 1976 è stato titolare d’insegnamento di Chirurgia Generale e tecniche operatorie presso le Scuole di Specializzazione dell’Università di Palermo. Ricercatore instancabile, ha dato alla luce molte pubblicazioni a stampa di carattere medico-scientifico. Tra gli straordinari e numerosi traguardi raggiunti nel corso della sua luminosa carriera, ricordiamone alcuni: Professore Ordinario di Patologia Chirurgica e Propedeutica della facoltà di Medicina dell’Università di Palermo e vice-Direttore Sanitario del Policlinico Universitario di Palermo, Presidente del 3° Congresso della Società Italiana di Chirurgia, svoltosi ad Agrigento - Palazzo dei Congressi nell’aprile del 2003, dal 2007 è Presidente Onorario della Società Siciliana di Chirurgia. Nel 2011 gli è stato assegnato il Riconoscimento “Cattolica nel Cuore”. Altre figure di spicco  nel campo medico sono: il cardiochirurgo Marino, le cui radici sono cattolicesi, al quale è stata conferita la cittadinanza onoraria e il chirurgo Giuseppe Termine, primario dell'ospedale Cervello di Palermo.
Nel campo storico-politico e letterario in ordine cronologico si sono distinti: Diego Miceli, agrimensore, vissuto dal 13 gennaio 1780 al 26 marzo 1878, è stato cronologicamente il primo storico ad occuparsi di Cattolica. Ha lasciato un manoscritto, che non è stato possibile rintracciare (forse dimenticato in una vecchia libreria), di cui si è servito il Sac. Giuseppe Castronovo nello scrivere le sue Notizie storiche su Cattolica. Questi così afferma:
Quanto lessi nel manoscritto del Miceli è vergato da un uomo, il quale era fornito d'ingegno, aveva, perché agrimensore, piena conoscenza del territorio di Cattolica.[8]
Il Castronovo assicura, inoltre, che le notizie tramandateci dal Miceli erano molto interessanti e, per questo, continuamente lo cita nella sua opera.
-Il prof. Giovanni Leonardi, insegnante e direttore didattico delle scuole elementari di Cattolica Eraclea, ha pubblicato una raccolta di poesie e prose, ha collaborato alla rivista di Gabriele Gabrielli Scuola Nuova e non è riuscito a pubblicare le sue due opere principali Nomenclatura e lezioni di cose per le classi elementari e Studi pedagogici e didattica nuova, perché è morto improvvisamente all'età di 43 anni il 2 luglio del 1898.
-Sul finire del XIX secolo il prof. Giovanni Caruselli, studioso eccellente e molto prolifico, ha scritto e divulgato le seguenti opere: Platani - Pecurario e Platanella (1887), Sulla storia della Sicilia Antica (1893), Sulle origini dei popoli italici (1897), ltalianismi della lingua greca (1897), Questione storica letteraria (1900). La sua fama di letterato e storico ha varcato i confini dell'isola.  È rimasta famosa la sua polemica col Di Giovanni sull’ubicazione del sito di Platano.
- La cultura popolare ha avuto un validissimo rappresentante nel poeta dialettale Santo Lucia, nato il 28 marzo 1833 e deceduto nel 1917. Ha composto numerose poesie e canti, che ha diffuso personalmente, recitandoli per i paesi della provincia di Agrigento, mentre girava per vendere carbone e aceto. Sono rimaste famose le sue dispute con altri poeti estemporanei di Ribera e Sciacca, con cui era solito incontrarsi nelle osterie. Nel 1901, sollecitato da parenti e amici, ha pubblicato il suo capolavoro Lu munnu a la riversa, molto apprezzato in tutta la provincia. Gran parte della sua produzione poetica ci è pervenuta grazie alla certosina pazienza di una sua parente-ammiratrice, la quale trascri­veva fedelmente le poesie e i canti più belli, che il poeta amava recitare in ogni occasione. Nel 1986 alcune poesie di Santo Lucia sono state incluse nella raccolta Poeti popolari di Cattolica Eraclea, pubblicata col patrocinio dell'Ammi­nistrazione Comunale.
-Giacomo Maria Spoto fu riconosciuto come grande esperto d’agricoltura per aver impiantato nella contrada Montesara nel 1886 la fastuchera di lu Signurinu. La coltura del pistacchio diede ai braccianti di Cattolica, uomini e donne, la possibilità di trovare un lavoro stagionale e contribuire al sostentamento delle famiglie.  Tra i suoi numerosi scritti vanno ricordati: il saggio Memoria su Heraclea Minoa ovvero Maccara e le monografie sull’agricoltura Il pistacchieto artificiale e razionale e Studi e ricerche sulla biologia. 
-La poesia dialettale è stata diffusa anche per merito del prof. Alfonso Vasile. Nel 1889 ha pubblicato un poemetto eroi-comico La guerra tra li surci e li giurani, traduzione della Batracomiomachia, poemetto burlesco classico, che il Leopardi, si pensa, aveva a sua volta tradotto da Omero. L'opera è caratterizzata da chiarezza di visione, spontaneità ed umorismo schietto.
-Il sacerdote Giuseppe Castronovo, nato il 16 gennaio del 1862, ha scritto parecchie opere, rimaste inedite, di carattere religioso, letterario e storico. Particolarmente interessante è il dattiloscritto del 1922 Notizie storiche su Catto­lica, fondamentale per chi voglia conoscere la storia del nostro paese, intima­mente legata a quella della chiesa cattolica. Ha scritto, inoltre, i Discorsi accademici: Dell'importanza delle Belle Lettere, Della missione della Letteratu­ra, Sulla Bibbia, Sulla Eloquenza Sacra di cui difetta il Protestantesimo etc.; i Discorsi Sacri: Sull'arte e l'aspirazione cristiana, Della provvidenza sugli umani avvenimenti etc. Conversazioni. Il cantico dei cantici e Dello spirito di Modernità degli antichi. Questa copiosa produzione purtroppo è rimasta inedi­ta; l'autore, a ciò incoraggiato dal direttore della rivista Civiltà Cattolica, si apprestava a riunire in un libro tutti i suoi scritti, quando è venuto a mancare improvvisamente nel 1930.
-Negli anni che vanno dal 1924 al 1930 Raimondo Falci ha pubblicato a Roma Ricerche storiche, genealogiche ed araldiche sulla famiglia Leonardi, L'Oriente Sacro e l'Italia e Scienziati e Patriotti Siciliani negli albori del Risorgimento. Queste opere procurarono fama e stima al professore di scienze naturali che viveva a Roma e frequentava i migliori salotti letterari. Importantissima la sua opera Scienziati e Patriotti Siciliani negli albori del Risorgimento, pubblicata nel 1926, che ci fa conoscere l'organizzazione carbonara nella Valle di Girgenti, nonché le lotte della nostra gente per la conquista dell'indipendenza. Nel 1926, quando imperversava il regime totalitario fascista, Raimondo Falci ha affermato:
Scienza e tirannide sono in perfetta antitesi. Quest'ultima avvelena la scienza, ne ritarda o soffoca lo sviluppo. Invece scienza e libertà progrediscono all'unisono. La scienza per prosperare e progredire ha bisogno della libertà, di quella sana e sacra libertà che non è eccesso, né prevaricazione, ma dono di Dio.[9]
-Nel 1928 è stata pubblicata dalla casa editrice Montes l'opera del marchese Francesco Borsellino di Busuné Come diverremo ricchi. Il giornale Il popolo di Roma in un articolo del 14 novembre 1928 così l'ha commentato:
C'è un metodo per conquistarsi la ricchezza? Il titolo lusinghiero di questo lavoro promette l'esposizione di una teoria per raggiungere la meta agognata ...
Notevole è il capitolo che si riferisce alle alte retribuzioni che, secondo le vedute dell'autore avvantaggiano non solo quelli che le percepiscono, ma tutta la Nazione, compresi i datori di lavoro ... Tutto il lavoro è impregnato di questa audacia fascista, che abbiamo chiamata meditata, perché le soluzioni proposte, benché originali, non sono inconsapevoli ed avventate, ma sono fondate sull'osservazione dei fatti economici con coscienza di studioso, ma anche con competenza di uomo pratico, che vince la fatica quotidiana della produzione. Francesco Borsellino, conosciuto ed apprezzato nei salotti agrigentini, era anche un esperto agricoltore dalle vedute moderne ed è stato promotore e presidente del "Consorzio irriguo della Verdura". Per valorizzare l'agricoltura ha proposto un prezzo stabile del grano e ha partecipato attivamente a quella che fu definita" la battaglia dell' albero nel Mezzogiorno.[10]
Nel 1930 ha pubblicato La granicoltura ed i suoi aspetti economici in Italia e nel mondo, cui ha fatto seguire Le ragioni del disarmo (1932), Abrustung un Wirtschaft (1932) opera in lingua tedesca e Per un ministero della solidarietà nazionale (1933).
-La cultura politico-sociale della prima metà del nostro secolo è stata caratterizzata dalla presenza dell' on.le avv. Enrico La Loggia, uno dei promo­tori dell’autonomia regionale. Dopo la caduta del fascismo, benché avanti con gli anni, ritornò a far politica e si distinse per aver dato un grande contributo alla stesura dell’odierno Statuto dell’Autonomia. Tra le numerose opere scritte ricordiamo: Il movimento cooperativo agricolo in Sicilia (1914), La cooperazione agricola nel 1923, Le occupazioni e gli acquisti dei terreni - L'intensificazione della produzione (1923), Autonomia e rinascita della Sicilia (1953), Lineamenti di politica economica regionale (1953).
-Il prof. Nino Borsellino, nato a Cattolica nel 1917, scomparso da alcuni anni, ha lasciato con le sue opere una testimonianza indelebile dell’amore che nutriva verso il paese natio. Ha descritto con abilità pittorica gli usi e costumi e le tradizioni religiose di questo nostro piccolo centro. I suoi racconti e i romanzi sono conosciuti ed apprezzati in tutta la Sicilia. Tra loro ricordiamo: Prima e dopo del 1980, Il carrubo del 1983 e Sul filo della memoria del 1985.
-Nel campo letterario e storico si è affermato lo scrittore Giacomo Spoto, nato a Cattolica Eraclea nel 1923, prematuramente scomparso nel 1989, ha il merito di aver pubblicato la prima storia riguardante Cattolica Eraclea e quindi ha stimolato tanti altri ad interessarsi alle memorie storiche cattolicesi. Ha pubblicato nel 1980 Cattolica Eraclea ed il suo territorio, cui hanno fatto seguito Calat lblatanu nel 1983 ed Heraclea Minoa nel 1984. Ha varcato i confini della Sicilia, ricevendo premi e riconoscimenti (premio nazionale Alessandro Antonelli), con i suoi due romanzi Echi di vento (1986) ed Orme sulla sabbia (1988).
Il prof. Antonio Vento ha dato alle stampe il libro Ricordi di Cattolica Eraclea tra le due Guerre Mondiali, con cui, in modo semplice e puntiglioso, ha illustrato le vicende del ventennio fascista.
-Nel campo critico-letterario si è affermato il prof. Pietro Amato, recentemente scomparso, che ho avuto modo di apprezzare personalmente in diversi momenti della mia vita scolastica e non, conosciuto ed apprezzato in tutta la nostra provincia. Legato da fraterna amicizia a Leonardo Sciascia ed a tanti altri scrittori e grandi artisti, è stato considerato come punto di riferimento e guida per i giovani autori agrigentini. Le sue recensioni sono state giudicate puntigliose ed oneste, scritte con spirito critico e realistico. Oltre alle numerose recensioni di opere di autori agrigentini e agli articoli pubblicati sui giornali, di lui si conosce un saggio sulla vita e le opere di Ignazio Buttitta, pubblicato sul IV volume della Letteratura Italiana - I contemporanei ed. Marzorati.
-Concludiamo questa rassegna con il prof. Francesco Renda, il più prestigioso rappresentante della cultura isolana del nostro secolo, nato a Cattolica Eraclea il 18 febbraio 1922, è stato deputato regionale (dal 1951 al 1957) e senatore della Repubblica (dal 1968 al 1972), professore ordinario di storia moderna presso la facoltà di scienze politiche dell'univer­sità di Palermo, adesso in pensione. Fin da giovanissimo ha partecipato attivamente alle vicende politiche del nostro paese, dove ogni tanto è ritornato per incontrare gli amici, i compagni di lotta e i compaesani più cari. Da alcuni anni ha abbandonato l'attivismo politico per dedicarsi esclusivamente ai suoi amati studi storici. Ha pubblicato numerose opere tra cui: L'emigrazione in Sicilia 1652-1961 (1963), La Sicilia del 1812 (Caltanissetta-Roma, 1963), Risorgi­mento e classi popolari in Sicilia (Milano, 1968), Socialisti e cattolici in Sicilia (Caltanissetta-Roma 1972), I fasci siciliani (Torino, 1977), Movimenti di massa e democrazia nella Sicilia del dopoguerra (Bari, 1979), Il movimento contadino in Sicilia, Cronache parlamentari siciliane, Contadini e democrazia in Italia (Napoli, 1980), Il primo Maggio 1890 (Sellerio, Palermo, 1990), la monumentale opera in tre volumi Storia della Sicilia, pubblicata dall'editore Sellerio di Palermo, per la quale è stato riconosciuto come il più grande storico siciliano, ha curato il volume In ricordo di Gaetano Costa (Palermo 1992) e nel 2007 ha pubblicato Autobiografia politica, un appassionante libro che illustra gli avvenimenti storico-politici della Sicilia e in particolare della provincia di Agrigento. La Storia della Sicilia nel 2007 è stata riproposta e diffusa dal Gruppo editoriale L’Espresso ed ha conquistato un gran numero di lettori.
Il patrimonio culturale che abbiamo ereditato deve essere valorizzato, custodito e diffuso, sia da parte degli operatori di cultura odierni, che della biblioteca comunale. Si dovrebbe procedere nella ricerca sistematica di tutte le opere prodotte nel corso dei secoli dai cattolicesi, custodirle con rispetto e pubblicare quelle ritenute utili alla nostra comunità.
Infine, è doveroso menzionare gli altri autori che hanno contribuito a far conoscere il nostro Comune, augurando loro di raggiungere le mete agognate:
-Antonino Pennino, direttore didattico in pensione, ha scritto Reminiscenze sportive, illustrando le sue esperienze dal punto di vista sportivo, storico e sociale;
- Mons. Mercurio A. Fregapane, ha scritto in lingua inglese Fraternally yours, un diario dei suoi messaggi rivolti ai fedeli che vanno dal 1976 al 1983;
- Francesco Campisi, poeta poliedrico, ha pubblicato alcune raccolte di poesie, tra cui ricordiamo: Eraclea Minoa, in cui descrive la nascita della nuova Minoa Eraclea e la bellezza del suo mare, Viaggio in Paradiso, Ultime rime, Versalia, Delusione amorosa e Il peccato originale, scanzonata e satirica ballata composta in gioventù;
- Gaspare Borsellino, cultore dell’arte, ha pubblicato un’interessante monografia su Gordigiani. In essa si manifesta il grande amore che l’autore, erede del marchese Borsellino, nutre per tutte le forme d’arte.
- Francesco Mulé, autore di due raccolte di poesie Il mio poeta e Scogliera, ha manifestato i suoi miti sentimenti verso il paese natio e la natura;
- Giuseppe Pennino ha scritto alcune raccolte di poesie, tra cui Dolcezze in fondo di un tempo perduto e Sentimenti e amore, in cui ha manifestato il suo grande amore per la famiglia e la sua fede religiosa;
- Italo Libertella, traendo spunto da un versetto dell’Apocalisse di Giovanni, ha pubblicato Verrò come un ladro nella notte. In quest’opera vengono esaminate tutte le profezie
- Pino Miceli, conosciuto ed apprezzato come pittore e poeta, vive a Milano dove insegna. Ha partecipato con successo a diverse mostre in varie città italiane.  Ha al suo attivo le raccolte poetiche: Sunnu li petri e chiancinu, Sotto il cielo lombardo, Aghi di pino e petali di rosa e Fantasia sicula;
-Lorenzo Gurreri, studioso delle tradizioni popolari, ha pubblicato per il teatro il racconto musicale Storia do me paisi compreso nel libro Storie della nostra gente, la commedia La sciarra è pi la cutra, ha sceneggiato il dramma religioso Passione e morte di Gesù. Tra le sue pubblicazioni di carattere storico si ricordano: Cattolica Eraclea storia arte natura e tradizioni, Indagine storica sulle nostre radici e I siti archeologici nella valle del Platani. Ha scritto una raccolta di racconti Uomini, donne maschere e pupi e ha, inoltre, curato la raccolta antologica Poeti popolari di Cattolica Eraclea e l’opera poetica di Santo Lucia Lu munnu a la riversa.
-Giuseppe D’Angelo, pittore apprezzato in tutta la Sicilia e in particolare nella provincia di Agrigento. Ha partecipato con successo a diverse mostre.
-Rosario Calderaro, è nato a Canicattì ed ha trascorso gran parte della sua vita a Cattolica Eraclea, ha pubblicato due romanzi: Una storia… una vita e La filosofia della mula zoppa, opere che mettono in mostra le debolezze ed i sentimenti della nostra gente;
-Angela Zambito, ha pubblicato Sotto la polvere del tempo, una raccolta di ricerche sui giochi, lavori agricoli, mestieri scomparsi, proverbi, canti e preghiere popolari di Cattolica Eraclea, molto utili per conoscere alcuni aspetti del nostro passato;
- Giovanni Catalano, attore e regista teatrale, ha pubblicato una raccolta di poesie Antica Madre, e tante opere teatrali. Ricordiamo: La fortezza al molo, Corteo Storico Empedoclino e un atto unico sugli Isfar et Corilles e il castello-fortezza di Siculiana. 
- Baldo Gurreri, commediografo, ha già pubblicato due commedie dialettali: Calati Juncu ca passa la china in Storie della nostra gente e L'Onorevole Peppino, più volte rappresentate con gran successo in provincia di Agrigento, in Germania e in Canada. Ha pubblicato alcune poesie dialettali, comprese nella raccolta antologica Poeti popolari di Cattolica Eraclea, tra le quali ricordiamo A Cattolica Eraclea. Ha scritto, inoltre le commedie: Il sabato non paga, Cavallacci e cavalline, ‘U cuntrattu di la scecca, I gaddruzza di donna Brasa e una Pastorale, più volte rappresentata.
- Nunzio Beddia, pittore e poeta, molto stimato e apprezzato dagli operatori culturali. Ha pubblicato la raccolta di poesie Da un sobborgo dell’impero e il commento alle proprie opere pittoriche, originali e suggestive, Dal mio taccuino colorato; ha iniziato una raccolta di poesie dialettali, ha partecipato alla pubblicazione dell'antologia Poeti popolari di Cattolica Eraclea e ha scritto il romanzo I giardini di pietra;
- Luciano Sciortino ha pubblicato la raccolta di poesie Germogli, dove sono stati evidenziati i sentimenti e le aspirazioni di un giovane che ha tanta voglia di comprendere la società in cui vive;
- Mimmo Baronello, pittore, scenografo e costumista si è trasferito a Toronto, dove lavora, cercando di realizzare i suoi sogni. Artista apprezzato a al suo attivo la partecipazione a diverse mostre pittoriche e a delle sfilate di moda in qualità di stilista. Primo classificato ad una sfilata di moda La Kore, svoltasi ad Agrigento.
- Maria Grazia Spoto ha pubblicato il libro Frammenti di memoria, opera utile per conoscere le usanze del passato e le feste popolari di Cattolica Eraclea;
- Calogero Giuffrida, corrispondente del Giornale di Sicilia, ha dato alle stampe due indagini giornalistiche: Delitto di prestigio e Delitto alle elezioni, due opere che con l’aiuto di articoli giornalistici ricostruiscono due delitti politici del dopoguerra, avvenuti nel territorio agrigentino;
- Maurizio Miliziano ha scritto Io, siciliano tra orgoglio e disincanto con il fine di stimolare i giovani ad una presa di coscienza della vita sociale e politica della nostra Sicilia.
Nel concludere questa breve rassegna, ci sia consentito stimolare i giovani ad interessarsi di più alle piccole cose dei loro padri, poiché ogni nostro granello di sabbia può corrispondere ad una pietra miliare del loro avvenire.

La storia attraverso la poesia dialettale

Dal XIX secolo ai nostri giorni, la poesia dialettale per certi aspetti si è posta come fonte principale della memoria storica popolare. Durante le feste, nelle osterie e in mezzo alla strada tra amici si soleva improvvisare rime dialettali, che, in modo scanzonato, descrivevano la dimensione sociale e umana dei nostri padri. Nel 1986 l'amministrazione comunale ha finanziato la pubblica­zione dell'antologia Poeti popolari (curata dallo scrivente), che costituisce una fonte importante per conoscere non solo il nostro dialetto, ma gli usi e costumi del nostro paese. Nella nota introduttiva alla predetta raccolta di poesie il prof. Pietro Amato, illustre critico letterario e pittore, recentemente scomparso, ha affermato:
"Nella produzione dialettale prevalgono i contenuti: i riferimenti sociali e politici, le passioni locali, la cultura popolare, gli estremi lembi della psicologia e della antropologia paesana, quella condizione umana peculiare che poi si collega alla più vasta e generalizzata condizione umana. Insomma la poesia dialettale, che se non raggiunge immediatamente la verità, raggiunge la realtà e si precostituisce come documento o come memoria: come poesia, che quanto più evita il folklore tanto più perviene ad una certa consapevolezza, a quella consapevolezza della realtà, che è uno dei modi di raggiungere la verità.[11]
 L’antologia Poeti popolari di Cattolica Eraclea è stata proposta come testimonianza storico-­sociale e linguistica, per cui ci sembra opportuno citare i versi di alcuni poeti, i quali ci hanno tramandato parte del nostro dialetto e della nostra storia.
Caposcuola della poetica cattolicese è stato riconosciuto Santo Lucia, vissuto dal 1833 al 1917. Il poeta ci ha fatto conoscere le condizioni sociali del nostro popolo nel secolo diciannovesimo e all’inizio del ventesimo. Nel Lamentu populari ha descritto ironicamente le condizioni sociali ed economiche del popolo all'in­domani dell'unità d'Italia:
Ed a 'sti tempi quali fami cc' è
ca vannu addumannannu granni e nichi!
Dunn' è chi nasci? Di lu Parlamentu
ca st'abbrusciannu racina e parmentu!
………
Comu ti lagni di lu Parlamentu,
 quannu lu Parlamentu è la curina
d'anuri, di buntati e di talentu,
di prudenza, di modi e di duttrina!
E ricircati tutti cincucentu
'sti gran suggetti cu la menti fina
ddrà cci foru mannati a bella posta
 pi 'un essiri aggravati da l'imposta!
...............
Eranu onesti sina ca traseru
ma ora su' turnati facci tosta!
Si cci scriviti? Cci nni 'mporta u' zeru,
      nemmenu vi mannanu risposta!
Sapiti quali su' li so maisi?
Sempri pinsari a cafuddrari spisi![12]
Lapidario e circostanziato giudizio sulla classe dirigente di allora, che ben si adatterebbe a quell’attuale!
Le condizioni di lavoro nelle miniere di zolfo sono state mirabilmente descritte da Pasquale Alba, figlio di minatore e minatore anch'esso, vissuto dal 1871 al 1945. Rivolgendosi ad alcuni minatori, che cercavano di lenire i loro dolori con un bicchiere di vino, ha esclamato:
Poviri surfarara sfurtunati,
comu la notti jornu la faciti!
Cu vinticincu grana chi vuscati
subitu a la dispensa vinni jti!
E si, pi sorti, caditi malati
pi lu spitali subitu partiti,
faciti tistamentu e chi lassati?
     Un tozzu di marruggiu si l'aviti![13]
La rassegna dei nostri poeti popolari continua in ordine cronologico con Antonino Amato, vissuto dal 1909 al 1987. Il poeta nei suoi canti ha descritto la condizione psicologica in cui viveva il contadino durante il periodo fascista e nel dopoguerra. Nel componimento Sicilia ci ha parlato delle speranze e delle attese della classe contadina, implacabilmente ingannata dal governo e dai politicanti, sempre pronti a promettere e mai a mantenere gli impegni presi:
Pi natri ca la Sicilia abitamu
cchiù tempu passa cchiù mali stamu,
lu travagliu di luntanu lu videmu
è 'nutili ca natri lu circamu!
Di lu pitittu pi veru avvilemu,
pi tuttu lu munnu cc' è lu sciamu,
amari natri ca misiri campamu![14]
Una testimonianza storicamente interessante sugli usi e costumi del periodo della II guerra mondiale sul fenomeno degli sfollati ci è data da Rosario Gurreri, nato nel 1913 e deceduto nel 2005. Nella poesia Li sfullati di la marina il poeta ha descritto il momento di crisi economica, sociale e morale, attraversato dal paese di Cattolica Erac1ea. I marinisi, provenienti da Porto Empedoc1e e Sciacca, e in misura minore da Agrigento e Raffadali, con il loro modo di fare e con la vita dispendiosa che conducevano, hanno destato la meraviglia e la curiosità dei giovani e la disapprovazione degli anziani:
cu l'abbunnanza chi cc' è di marinisi
ha scarsiatu pirsinu lu pani!
Spenninu sordi ca parinu 'nglisi
e cu nunn'havi mori di fami,
 perciò accattannu un ovu cincu liri
un puvireddru svinni a lu muriri!
.................
La furtuna fu pi 'gnur Pitrinu,
ca prima viaggiava sempri vacanti[15]
ora acchiana e scinni sempri chinu,
ca i marinisi fannu li viaggianti.
Cci dicinu:"Gnù mi porta 'n carruzzinu?"
Iddri vistuti comu li rignanti
o ricchi o poviri 'un si capisci nenti,
pirchì su' tutti cu la permanenti![16]
Altra testimonianza storico-sociale di particolare rilievo, riguardante il periodo del dopoguerra e i sentimenti del ceto contadino nei riguardi della chiesa e dei padroni, ci è pervenuta dalla schietta ed impetuosa poesia di Calogero Miceli, nato nel 1925:
Sugnu un cumpagnu pasturi,
sugnu di lu frunti populari,
parlu ca m'ammutta lu cori
contru lu nimicu siculari….
Li patruna cu cori crudeli
n'hannu trattatu peggiu di l'armali,
cci amu jutu appressu comu cani
cuntenti di vasaricci li mani.
                               ………… 
semu sdigni di tutti 'st'abusi
di principi, baruna e marchisi!
Li ricchi e li parrini sunnu uniti
la veru classi di li spuntigliati,
su' chiddri chi nni misiru a la viti
e mantennu a li poviri scacciati![17]
Una testimonianza sull’evoluzione e il progresso del nostro paese ci è data dalla poesia di Francesco Campisi, nato nel 1927. In Progressu paisanu il poeta ha descritto il cambiamento verificatosi a Cattolica negli anni sessanta, rievocando con nostalgia la vita di una volta:
Comu canciasti, paiseddru miu!
Quarcunu ti talia di malocchiu,
cu lu curaggiu chi ti detti Diu
'a testa cchiù nun mangia lu pidocchiu.
E mi ricordu quannu picciliddru,
linchivanu li strati li gaddrini,
li cani e li gatti ed a chistu e a chiddru
li crapi cci durmivanu vicini.
................
Lu viddraneddru iva arripizzatu
a fari cciapparruna, a fari disi,
pi stari 'nti la casa accaluratu
e pi pagari di lu jornu i spisi!
Comu canciasti! Nun si cchiù paisi!
Canciasti la to facci d'affamata
e di giacuna fatta, a misi a misi
canciasti li to strati di balata.
Negli anni settanta il problema del pane e della sopravviven­za non esisteva più, le condizioni economiche della popolazione avevano raggiunto un buon livello ed il poeta ha fatto la seguente constatazione:
Ora ca chinu teni lu panaru
o gatu o vasciu cchiù nun cerca pani,
ora ca li tempi si canciaru
pi l’ossu nun s'affuddra cchiù lu cani![18]
Leonardo Baronello, nato nel 1928, nella poesia Povira Italia, ha espresso con risentimento alcune amare considerazioni sul fenomeno dell'emigrazione e su come, nel passato, il potere era gestito:
D'ogni nazioni circamu lu 'ngaggiu
comu li urfaneddri di cullegiu
e comu li zingari sempri 'n viaggiu
ca casa 'unn'hannu e cercanu alloggiu.
Poi ha presentato ai lettori, metaforicamente, un'immagine cruda e impressionante dell'Italia, del suo paese:
vi presento l'Italia mangiata,
di li cani e li lupi fu quartiata
e di li deputati stravinnuta/[19]
L'autore della presente opera, ha scritto per il teatro alcune poesie e canzoni riguardanti la nostra storia, prima incluse nella raccolta Poeti popolari e in seguito comprese nel racconto musicale Storia do me paisi. Nella poesia Lu viddranu viene così descritta la condizione del contadino:
Sempri adaccussì de tempi antichi,
a me nannu tuccavanu i muddrichi,
a li gabilloti iva la sustanza,
omini tutti chini di 'mpurtanza.
Mangianu assa' nutara e parrini
pani e cipuddra toccanu e viddrani;
li megliu cosi vannu a li duttura
pi li malati cci su' sulu dulura![20]
Il rimpianto degli emigranti, costretti ad abbandonare i luoghi dell'infanzia e della giovinezza, per avventurarsi in terra straniera alla ricerca di libertà e lavoro, è stato espresso nella poesia Littra di un frati:
Lassa 'ssa terra senza cori!
veni cca' 'n cerca di fortuna,
l'America è ricca ... 'un c' è patruna/
Al momento della partenza, l'emigrante si sentiva sentimentalmente legato ai luoghi natii e agli amori giovanili:
La chiazza granni ...
la so vuccuzza nica...
l'amuri senza 'nganni
la fimmina all' antica/[21]
Il ricordo delle bellezze di Minoa Heraclea, la vita semplice e senza complicazioni del nostro paese sono state e resteranno sempre nel cuore di Pino Miceli, pittore e poeta. In una sua poesia, stanco della vita cittadina, ha esclamato:
Quannu lassu 'sta vita d'affanni,
abbrusciatila chista me carni
e la cinniri, purtatila ccà!
Ad Eraclea Minoa
unni lu Platani si 'ncucchia cu lu mari
sparpagliati li resti murtali
a lu ventu di Capu Biancu.[22]
Il problema dell’emigrazione l'ha coinvolto in prima persona ed il poeta, nella Ballata dell'emigrante, ci ha fatto rivivere gli angosciosi attimi del distacco dalla famiglia, dai vecchi genitori, che difficilmente avrà occasione di rivedere:
O patri dici: Patri, fatti curaggiu
cumincia alluntanari lu marruggiu,
si Diu voli e mi duna saluti
'sta me partenza è fini di miseria!
'Nta 'n'attimu li vucchi sunnu muti:
oh comu su' tristi l'urtimi minuti![23]
Per conoscere la storia di un paese, è indispensabile conoscerlo realmente, poiché il più grande documento storico è la realtà che abbiamo sotto i nostri occhi. Certamente occorrono occhi capaci di scrutare e cogliere le diverse sfumature: fisiche, psicologiche e sociali. Nella poesia A Cattolica Eraclea Baldo Gurreri, si è preso l'incarico di presentare, ai cattolicesi sparsi nel mondo e a coloro che apprezzano le bellezze naturali, un'immagine completa del paese natio:

A Cattolica Eraclea

Un giru di muntagni a mezza luna
ti sta a curuna comu a 'na rigina.
Appuiata tra un pinninu e 'na chianura
fa beddru sfoggiu di sciuri e virdura.
Occhi beddri sunnu li to chiazzi
e strati, campagni e cuntrati
sunnu l'allammicu di li spatriati.
'U Platani, di 'sti vesti gintili,
è un cintu sciotu, chi si posa a mari
unni lu suli ruscianu tracoddra
comu un viscottu ca nell'acqua s'ammoddra!
Ma la to genti ti lassà suliddra,
li megliu figli su' spatrii luntanu.
Ccà ristamu tanti adduttrinati,
judici poviri e puliticanti
cu la saggizza luntana di la menti!
Sparlasciu 'mmidia e priputenza
a li nostri ventri dunanu sustanza,
accussì campamu e nn' allisciamu a panza,
vidennu 'u suli c'agghiorna e scura
affaccia di l'Arvanu e tracoddra a Banura.
Ma ddrocu nun si ferma la sapienza...
sport vacanti e pulitica baggiana
sunnu la curtura di 'sta genti strana!
M'ata scusari di 'stu parlari duru,
nun vogliu fari di tutta 1'erba un fasciu,
ancora cc' è quarchi bonu vinturu,
quarchi testa fina la canusciu,
ca a Catolica sapi dari
e quarchi scintilleddra di splenduri ![24]














  





















[1] Cfr. G. Spoto, Cattolica Eraclea e il suo territorio, 200.
[2] Cfr. E. Minio, Paesi da scoprire, 72-98.
[3] Atto del notaio Commuccio Filippo di Villafranca, M. 1649-50 vol.1902: Magister Pellegrinus de Plazza scultor… Obligavit et obligat Francisco De Salvo, gubernatori ecclesie Santi Antonij ditte terre Cattolice… farci una immagine di legnami di Santo Antonio di sei palmi d’altezza colorito dello colore conforme detto Santo si soli dipingiri con la facci e mani incarnati… ad complimentum dittarum oz.7.
[4] R.Falci, 34 e G. Castronovo, 21.
[5] Nel 1931 è stato sistemato il tratto di strada  che dalla chiesa conduce in via Aranci e si è scoperta l’esistenza di un’antica chiesa,testimoniata da tracce della fondazione, del pavimento e di un’acquasantiera.
[6] La notizia è tratta da un manoscritto di autore ignoto.
[7]  Da ricordare che già nel 1873, dopo un periodo di chiusura di circa 25 anni, fu riparata la volta ad opera del maestro Utvegio di Palermo.
[8] G. Castronovo, Lettera allo zio.
[9] R. Falci, 161,
[10] Notizie tratte dal 12° quaderno di appunti di don G. Castronovo.
[11] P. Amato, Nota introduttiva a Poeti popolari di Cattolica Eraclea, a cura di L. Gurreri.
[12] S. Lucia, Lu munnu a la riversa, 87-102.
[13] P. Alba, Lu cantu di li surfari, 55.
[14] A. Amato, Sicilia, 81.
[15] Fino al 1955 la stazione ferroviaria era collegata al paese mediante una carrozza
[16] R. Gurreri, Li sfollati, 92.
[17] C. Miceli, Cumiziu popolari, 101-103.
[18] F. Campisi, Progressu paisanu, 108.
[19] L. Baronello, Povera Italia, 119.
[20] L. Gurreri, Lu viddranu, in Poeti Popolari,143.
[21] L. Gurreri, Storie della nostra gente, 73.
[22] P. Miceli, Sunnu li petri e chiancinu, 180.
[23] Ibidem,45.
[24] B. Gurreri, A Cattolica Eraclea, 168.

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