CATTOLICA ERACLEA: COLLERONDO SITO ARCHEOLOGICO DI ANCYRA

COLLEROTONDO: IL SITO ARCHEOLOGICO DI ANCYRA
(www.lorenzogurreri.blogspot.com) tratto dal libro "Da Eraclea Minoa a Cattolica.


ANCYRA O ANKRINA

Della misteriosa Ancyra o Ankrina conosciamo poco; esisteva nell’anno 396 a. C. e nulla si è fatto per scoprirne di più. Sappiamo che, secondo Cluverio, era posta su una collina tra Pecuraro e Platanella, non lontano da Eraclea, a circa sette miglia.[1] Probabilmente, data la vicinanza, si trattava di un insediamento dipendente da Minoa, posto a difesa dei coloni del territorio circostante.

Diodoro cita Ankrina come una città-fortezza di origine sicana che servì da rifugio in occasione dell’invasione dell’esercito di Dionisio nel 396 a. C.. Si sa, inoltre, che la città fu sottomessa, unitamente ad Eraclea, alternativamente dagli Acragantini e dai Selinuntini. Probabilmente nel 277 a. C. subì l’occupazione e le angherie dell’esercito di Pirro, che era venuto in Sicilia, sollecitato dai Siracusani. 

Nell’anno 104 avanti Cristo, durante la dominazione romana, in occasione della guerra dei servi fu al centro delle vicende belliche. L’esercito romano, guidato da Licinio Nerva, proveniente da Lilibeo, oltrepassò il fiume Alba (Macasoli o Magazzolo),[2] giunse in vicinanza del Kaprianus (Montesara, promontorio posto alla destra del fiume Halycus), dove c’erano asserragliati circa duemila schiavi, e, dopo qualche titubanza, preferì oltrepassare l’Halycus e cinse d’assedio Ancyra (Collerotondo, promontorio sulla riva sinistra dell’Halycus, ricco di reperti archeologici ellenistici). Gli schiavi, guidati da Vario, opposero una tenace resistenza, si rivelarono abilissimi combattenti e per un certo periodo impedirono l’avanzata dei Romani. Infine, furono sconfitti e trucidati senza alcuna pietà. Ancyra fu distrutta e l’esercito romano proseguì verso Eraclea.
Alcuni secoli dopo sulla cima della collina, consistente in un pianoro di circa 1500 – 2000 mq, fu costruita una fortezza di modeste dimensioni, con funzioni esclusivamente militari (probabilmente Maniscalco), [3] uno dei due castra che nel periodo medioevale (l’altro sul monte della Giudecca) erano stati costruiti su due colline, sulla riva sinistra del Platani:
La vicinanza con Monte della Giudecca e la somiglianza dei reperti rinvenuti nei due siti… potrebbero confermare l’ipotesi già avanzata di una dipendenza della piccola fortezza  di Collerotondo dal più importante insediamento della Giudecca, forse con la funzione di posto di guardia avanzato.[4] 

Cenni archeologici

Le ricognizioni fatte da studiosi ed esperti sull’odierno Collerotondo, hanno evidenziato tracce e testimonianze di un insediamento ellenistico, quali la presenza di cocci di ceramica dipinti con vernice nera e monete, che ci fanno ipotizzare la collocazione di Ancyra su questo colle.
Lo studioso Giuseppe Otto ha affermato di aver trovato sul Collerotondo:
Resti di abitazioni incavate per metà nelle rocce gessose sul lato SE, cocci ellenistici raccolti intorno; nella pianura le necropoli nel vigneto. A circa mezza altezza corre un muro di cinta con bastioni e dietro il muro si possono vedere le fondamenta delle case. I cocci raccolti dimostrano che il colle era abitato soltanto nell’età del bronzo e dopo dai greci dal IV al II secolo a. C. . Cluverio, Airoldi e Burigni collocarono in questo sito l’Ankyra di Diodoro o Ankrina di Tolomeo. Fazello (8, Deca I, lib.X, cap. III, pag.413) dice: “Tra terra poi sette miglia lontano si vede nell’altezza di un monte tra Pecuraro (Montesara) e Platanella (colle Mongiovì) una grande città rovinata (Collerotondo Ankrina) e poco di sopra in un colle (monte della Giudecca) tutto intagliato intorno, che da man destra è bagnato dal fiume Lico (Platani), si vedono le meravigliose rovine di una città, la quale era un miglio di giro, e non si poteva andare se non da una via. Secondo Tolomeo si spiega il nome “Ankyra” col lat. Ancras “ convalles vel arborum intervalla”, Paul. Fest. II crede ad una voce siculo-latina. Ankyrai, dice Diodoro (XIV, 48), originariamente non apparteneva né ai Fenici, né agli Elimi, né ai Greci, noi possiamo ritenere che dapprincipio fosse abitata dai Sicani. I Sicani, i più antichi abitatori della Sicilia, vivevano coltivando le terre, e riuniti in borghi, sopra le alte montagne, in ciascuno dei quali comandava un capo o un re. La loro vita civile ebbe progresso (Diodoro V, 6, 2) [5]
Giuseppe Castronovo ha dichiarato di essere a conoscenza dell’esistenza di un’antica città sul colle Rotondo e sull’adiacente collina chiamata Mongiova:
È ben vero che nel territorio di Cattolica erano anticamente altre città, come Aneyra o Anerina sul colle Rotondo, Agyrioncina sul colle Platanello, oggi Mongiova o montagna di Castelli, le quali per essere distanti circa 200 metri, si dubita se mai siano state una sola città. [6]
Nel 1990 l’archeologa M.S. Rizzo ha eseguito una ricognizione di superficie ed ha riscontrato nella parte centrale della collina cocci di ceramica greca e sulla cima frammenti di ceramica della classe verde monocroma, appartenenti a piatti e scodelle con orlo estroflesso, indistinto o a tesa, con decorazione solcata. Questi frammenti testimoniano che il sito di Collerotondo è stato frequentato sia nel IV secolo a. C., che nei secoli XII e XIII.
Sul fianco Sud-occidentale, già a partire da quota 50 circa, si rinvengono in superficie alcuni frammenti di grandi contenitori acromi; essi divengono assai numerosi a partire da q. 110 circa, dove, peraltro, è piuttosto abbondante la ceramica greca a vernice nera, mentre sono in piccola quantità i frammenti di ceramica invetriata. Sul pianoro che costituisce la sommità della collina, al contrario, i frammenti molto abbondanti, appartengono soprattutto a ceramica invetriata verde, mentre la ceramica a vernice nera, benché presente, è in quantità assai inferiore. La sommità, ampia all’incirca 1800/2000 mq.(di forma triangolare), dominata da uno spuntone di roccia, è circondata da una cinta di mura, meglio conservata sul lato meridionale, dove ne sono visibili alcuni tratti lunghi circa un metro, spessi m. 0,50 ca., e conservati per un’altezza di circa 70 cm. [7]      
Un gruppo di archeologi, che ho avuto il piacere di accompagnare, coordinato dal professor Paoletti, nell’anno 2003 ha eseguito un’indagine in superficie sul sito di Collerotondo ed ha raccolto: frammenti di ceramica, una pisside e una moneta. Dallo studio dei materiali rinvenuti è emerso che su Collerotondo sono esistiti due diversi insediamenti umani: uno risalente al IV secolo avanti Cristo e l‘altro al XII secolo dopo Cristo. Dalla relazione finale sono emerse le seguenti considerazioni:
In linea teorica, sulla base della datazione della ceramica a vernice nera, di parte dei frammenti anforici e della moneta di bronzo, risalenti al periodo compreso tra la fine del IV e l‘inizio del III secolo a. C., si potrebbe indicare l’ultimo quarto del secolo come momento in cui collocare la principale fase insediativa individuata. Quest’ultima, più in particolare, potrebbe essere messa in relazione con la “reintegrazione” di Heraclea Minoa nell’eparchia punica, dopo la parentesi del periodo di dominio greco tra il 338 e il 320 a. C. La cronologia della ceramica a v.n. suggerisce un’interruzione o quanto meno un forte calo nel popolamento dell’insediamento già a partire dal secondo quarto del III sec. a.C. in analogia con il dato storico dell’occupazione di Heraclea Minoa da parte di Pirro nel 277 a.C. e della distruzione, stavolta archeologicamente documentata, della fortezza di rocca Madore, si potrebbe supporre che la spedizione del re epirota nella Sicilia occidentale abbia avuto un qualche effetto anche sul sito di Collerotondo. La presenza del fr. Di Dressel 1B, tuttavia, rende la ricostruzione di questa fase più complessa e difficilmente risolvibile allo stato attuale delle nostre conoscenze. [8]
Il frammento d’anfora di tipo Dressel, sopra citato, potrebbe testimoniare una rioccupazione del sito, da parte di una colonia romana in occasione del ripopolamento del territorio di Eraclea, avvenuto nell’anno 132 a.C. con la legge Rupilia.
La monetina di bronzo trovata sul versante occidentale di Collerotondo, presenta un volto femminile da una parte, un cavallino e una palma dall’altra, elementi che si possono definire peculiari delle monete puniche, presenti anche in quelle dei siti di Eraclea Minoa e Selinunte.[9] Per quanto riguarda l’insediamento che insiste sulla cima della collina (m. 221 s.l.m.) si notano le basi di una roccaforte di modeste dimensioni e parecchi frammenti di ceramica medioevale e araba, risalenti al periodo che va dal XII al XIII secolo d. C.
Nel versante Sud-Est della collina la struttura muraria è costituita da blocchi di pietra gessata del luogo, legati da malta di colore grigio, che fanno pensare alle fortificazioni medioevali. Ancor oggi si possono ammirare le basi della roccaforte, nelle cui vicinanze si trovano cocci di ceramica verde invetriata, solcata e senza decorazioni, che ci riportano al periodo dell’occupazione prima araba e successivamente normanno-sveva.
Don Giuseppe Castronovo afferma di essere a conoscenza che nel XVI secolo il Collerotondo faceva parte del feudo Maniscalco e che in esso insisteva un piccolo villaggio, chiamato Terra Maniscalco.[10]

 





















[1] Cfr. Vito Amico; A. Holm, Geografia antica di Sicilia, 84.
[2] Il Caruselli asserisce che il fiume Alba era il nome latino dell’Halycus, altri ritiene si trattasse del Macasoli, che scorre alla destra del Montesara e va a finire anch’esso nelle vicinanze di Capo Bianco.
[3] Il Collerotondo e il Mongiova, a volte, sono stati identificati con lo stesso nome Platanella. Nelle loro vicinanze dopo il ponte sul fiume Platani si trovava anche il fondaco (funduq) Platanella, stazione di sosta per i viaggiatori che da Sciacca si recavano ad Agrigento.
[4] M.S. Rizzo, Distribuzione degli insediamenti di età arabo-normanna da Agrigento al Belice,184; L’insediamento medievale nella valle del Platani, 53.
[5] G. Otto, Cattolica Eraclea ed i suoi dintorni, 6.   
[6] G. Castronovo, Notizie storiche su Cattolica, 2-3.
[7] M. S. Rizzo, Insediamenti fortificati di età medievale nella valle del Platani, 46.
[8] M. Paoletti, Monte della Giudecca, Ricognizioni e ricerche nella bassa valle del Platani, 141.
[9] Cfr. Ibidem,132.
[10] Cfr. G. Castronovo, Notizie storiche su Cattolica, 5.

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