GIUSEPPE SPAGNOLO: PRIMO SINDACO DEL DOPOGUERRA -GUIDA DEL MOVIMENTO CONTADINO .
GIUSEPPE SPAGNOLO PRIMO SINDACO DEL DOPOGUERRA.
Il movimento contadino e la riforma agraria.
All’indomani
della guerra lo stato di miseria, in cui si vennero a trovare le famiglie
contadine siciliane, raggiunse i livelli di guardia. Le forze sindacali e
politiche di categoria si prodigarono per fare ottenere ai braccianti agricoli
le terre da coltivare, scorporando i grandi feudi, che i ricchi proprietari
terrieri preferivano utilizzare a pascolo. Gli agricoltori furono impegnati in
Un’aspra battaglia contro un vecchio nemico interno:
la classe baronale. Era cominciata la partita decisiva, quella senza esclusione
di colpi, in cui uno dei due contendenti avrebbe avuto scacco matto, con
evidenti ripercussioni sul futuro dell’isola. Da un lato la classe dei baroni:
spietata nella sua azione di repressione dei movimenti contadini, forte per la
sua solida posizione economica con le radici ben piantate nei feudi. Dall’altro
lato un movimento contadino vasto e irato, ma consapevole di giocarsi molto in
questa lotta, non più fermo alle vampate di paglia, in grado di ripensare
criticamente la lezione gramsciana.[1]
In tanti
comuni sorsero cooperative agricole, a Cattolica Eraclea il 19 marzo del 1944
fu inaugurato il circolo dei lavoratori e, successivamente, fu fondata la
cooperativa La Proletaria. In seguito all’emanazione dei decreti del
ministro comunista Fausto Gullo nacque la speranza nel movimento contadino di
potere ottenere la tanto sospirata terra. La parola d'ordine fu la terra ai
contadini. La fase iniziale della lotta fu caratterizzata dalla richiesta
dei latifondi incolti, mentre successivamente si richiese un’organica riforma
agraria.[2]
La lotta per
la conquista della terra fu dura; durante le manifestazioni avvennero incidenti
di lieve entità, ma in seguito ci furono attentati e uccisioni. La reazione
agrario-mafiosa si manifestò in tutta la Sicilia:
Mai lotta sociale
ha avuto tanti martiri (in tutta la Sicilia), quanti la lotta per l'occupazione
delle terre incolte o malcoltivate! Ma deve anche aggiungersi che mai lotta
sociale è stata così ricca di conseguenze .[3]
Nei momenti
di crisi, che si attraversarono nel dopoguerra, la politica soffocò i
sentimenti di amicizia e tolleranza e, spinta dall’utilitarismo, fu capace di
calpestare i principi e gli affetti più sacri. Creò momenti di follia che, nel
tentativo di sopraffare un’idea, si trasformarono nell’eliminazione fisica
degli uomini che la rappresentavano. [4]
A Cattolica
Eraclea nella prima fase ci fu un attentato ai danni di Aurelio Bentivegna e
Giuseppe Scalia, il primo rimase ferito e il secondo fu ucciso. Altra vittima,
a distanza di circa dieci anni, dopo l'emanazione della legge di riforma
agraria regionale, fu il primo sindaco
comunista Giuseppe Spagnolo, promotore del movimento contadino.
A contrapporsi alla
mafia erano per lo più i contadini
e le forze politiche che ne rappresentavano gli interessi economici e le
aspirazioni sociali ... A cadere sotto i colpi della lupara
furono ... contadini, operai, artigiani, piccoli intellettuali, che si
erano posti alla testa della lotta per l'assegnazione delle terre incolte e
la conquista della riforma agraria ... a Cattolica Eraclea caddero
Giuseppe Scalia il 25 novembre 1945 ... il 13 agosto 1955 Giuseppe Spagnolo.[5]
L'occupazione
delle terre incolte fu un fenomeno che interessò braccianti e contadini di
diversa estrazione politica. Erano presenti socialisti, comunisti e
democristiani, questi ultimi aderenti alla cooperativa San Giuseppe, diretta
dal sacerdote Amodeo Gammacurta, da Vincenzo Morello e da Ignazio Giuffrida. Le
modalità dell'occupazione delle terre sono state descritte nella sua tesi di
laurea da Nino Aquilino:
Centinaia di
contadini, braccianti, nullatenenti a piedi o a dorso d'asino, mulo, etc. con alla testa Francesco Renda, Giuseppe
Spagnolo ed altri al grido "la terra ai contadini" procedevano alla
sistematica occupazione delle terre. I feudi occupati appartenevano al marchese
Giovanni Borsellino e al cavaliere Gaspare Borsellino (Monte di Sara, contrada
Borangio ed Asparacia). Furono pure occupate terre in contrada piana Vizzì di
proprietà del latifondista Briuccia di Montallegro e in contrada San Giorgio,
Pere Barbaro di proprietà della famiglia Pasciuta Agnello di Siculiana. l
terreni venivano assegnati alla cooperativa socialcomunista "La
proletaria", che mediante sorteggio li divideva tra gli iscritti.[6]
I mezzi poco
ortodossi ma tradizionali, adoperati dagli agrari, non furono sufficienti a
neutralizzare l'occupazione delle terre. I decreti del ministro Gullo furono
fatti eseguire e alcune porzioni dei feudi predetti, in pratica le terre meno
fertili, furono date ai contadini che ne avevano diritto. Negli anni seguenti
fu pienamente attuata la riforma agraria e si creò a Cattolica Eraclea una
nuova classe sociale: i coltivatori diretti, piccoli proprietari terrieri.
Conquistata la terra, altri furono gli interessi e gli orientamenti politici
dei contadini. Nel decennio 1950-1960 il ceto contadino, in parte, si avvicinò
alla D.C., quasi a volersi distinguere dai nullatenenti e dai braccianti e per
proteggere in tal modo la piccola proprietà conquistata. Da parte di altri, non
riuscendo a tirare avanti, poiché la poca terra acquisita non era sufficiente
ad assicurare alla famiglia i necessari mezzi di sussistenza, si preferì abbandonare
la terra ed emigrare al Nord o in Canada. A Cattolica i fini che la riforma
agraria si era proposti in parte fallirono. Essa, infatti, non riuscì a creare
un ceto di piccoli proprietari contadini, invece accadde che contadini medi e
ricchi e la borghesia professionale comprassero tutta la terra possibile,
lasciando agli altri ben poca cosa. [7]
Al di là dei risultati raggiunti, bisogna dare merito a coloro i quali si sono
sacrificati per migliorare lo stato sociale ed economico della nostra comunità.
Nella storia del movimento contadino, come in ogni
storia degna di questo nome, le condizioni non furono sempre uguali. Ci fu il
tempo della poesia e il tempo della prosa; il tempo dell’entusiasmo e il tempo
dello scoramento; il tempo dell’impegno e del sacrificio e il tempo in cui a
prevalere furono il calcolo e la ricerca del vantaggio personale. Fra un tempo
e l’altro ci furono uomini semplici dalla tempra straordinaria che divennero
organizzatori e dirigenti di cooperative, di associazioni, di leghe sindacali,
di sezioni di partito, cui dedicarono la loro esistenza con abnegazione e
fedeltà assolute (fra questi
ricordiamo Giuseppe Spagnolo); e ci
furono intellettuali e professionisti, che, mettendo da parte le loro vocazioni
personali e i loro interessi, e anche sacrificando il loro avvenire andarono
fra i contadini e ne divennero il lievito e la guida. Soprattutto i giovani,
universitari o da poco laureati, lasciate le aule accademiche e gli studi
prediletti, percorsero i sentieri delle campagne siciliane, e ne accettarono i
disagi e i pericoli.[8] (Fra quest’ultimi
comprendiamo il prof. Francesco Renda).
[1] G. Restifo, Sottosviluppo
e lotte popolari in Sicilia, 1943-1974.
[2] Cfr. F. Renda, Storia
della Sicilia, vol. III, 204-205.
[3] Ibidem,206.
[4] Cfr.
A. Ginex, Così nacque la democrazia.
211 Cfr. F. Renda, Storia della Sicilia, vol.
III, 204-205.
[5] F. Renda, In ricordo di
Gaetano Costa, nota introduttiva, 18-20.
[6] N.
Aquilino, Cattolica Eraclea dal 1943 al 1984.
[7] Cfr.
Intervista n.2, pubblicata in appendice.
[8] F. Renda, Storia della
Sicilia, III, 1269-70.