MONTE DELLA GIUDECCA: STELE ARABA IN MOSTRA NEL MUSEO DI SANTO SPIRITO DI AGRIGENTO.
Una stele con iscrizioni in lingua araba, ritrovata tanti anni fa sul Monte della Giudecca, territorio di Cattolica Eraclea in vicinanza del fiume Platani, è stata esposta nel museo di Santo Spirito di Agrigento tra i reperti che testimoniano la civiltà mediovale nel nostro territorio.
Questo reperto, ritrovato da un nostro concittadino, è stato donato al museo archeologico di Agrigento negli anni 60. Esso testimonia la presenza di un insediamento arabo nel periodo mediovale.
Il gruppo di lavoro del progetto Dialogos, formato dagli archeologi Stefano Genovesi, Luca Zambito, Donatella Novellis e Maria Rocco, i quali guidavano un gruppo di studenti universitari, ha messo in luce le basi e una parte delle mura di cinta del castello:
Questo reperto, ritrovato da un nostro concittadino, è stato donato al museo archeologico di Agrigento negli anni 60. Esso testimonia la presenza di un insediamento arabo nel periodo mediovale.
Recentemente, con il progetto
“Dialogos”, un gruppo di archeologi e studenti di archeologia dei paesi del
Mediterraneo, guidati dal prof. Maurizio Paoletti, ha eseguito delle
ricognizioni sul colle della Giudecca e dintorni.
Secondo il predetto studioso, a un primo esame si evidenzia l’esistenza
sul colle della Giudecca di un insediamento medioevale
di notevole interesse, testimoniato sia dall’esistenza delle mura di una
fortezza, sia dall’abbondanza di ceramica verde, risalente al XII e XIII secolo. Detta
fortezza probabilmente fu distrutta in seguito alla lotta di Federico II contro
gli arabi.Il gruppo di lavoro del progetto Dialogos, formato dagli archeologi Stefano Genovesi, Luca Zambito, Donatella Novellis e Maria Rocco, i quali guidavano un gruppo di studenti universitari, ha messo in luce le basi e una parte delle mura di cinta del castello:
L’area del castello occupa il pianoro sommitale che si innalza sul versante
sud-orientale… Le mura di fortificazione seguono perfettamente la morfologia
del pendio – in alcune parti molto tormentata – e si adattano ad essa; cingono
tutti i lati del monte, eccetto il versante sud-orientale, fortificato soltanto
lungo l’estremità meridionale, che per il tratto restante risulta già ben
protetto naturalmente da un suggestivo e profondo strapiombo roccioso
affacciato sul fosso dello Jazzo Vecchio. La tecnica di realizzazione
dell’apparato murario sembra piuttosto omogenea sull’intero perimetro delle
mura, realizzate con pietre in calcare di medie e grandi dimensioni di forma
assai irregolare… Le pietre angolari presentano in alcuni casi una squadratura
più accurata, sebbene anch’esse non rechino segni di una rifinitura
superficiale. I conci sono legati da una malta – in alcuni punti
particolarmente consistente – di colore opaco e tendente al grigiastro.[1]
Il predetto gruppo, che ho avuto il piacere di accompagnare, ha
raccolto e classificato parecchi frammenti di ceramica invetriata monocroma
verde e ceramica comune da conserva, che datano l’insediamento al periodo
medioevale.
La maggior parte dei frr. di
Monte della Giudecca trova una collocazione cronologica compresa a cavallo tra
i secoli XII e XIII, periodo in cui si verifica la progressiva perdita di ruolo
egemonico della Sicilia nell’ambito dei commerci a favore di centri come Genova
e Pisa.[2]
La conquista araba della
Sicilia aveva messo in moto un flusso d’immigrazione considerevole. Le campagne
del Vallo di Mazara furono invase da coloni Arabo-berberi, provenienti dalle
varie parti dell’Africa. Ad attirarli furono la fertilità dei campi, che
erano loro assegnati, e la possibilità di poter professare liberamente la
propria religione. Al seguito degli Arabi-berberi c’erano anche Ebrei, che
ritrovando altri correligionari, installatisi in Sicilia, da tempi remoti, e
sfruttando la tolleranza della società siculo-araba, costituirono delle piccole
comunità, che con discrezione professavano la religione ebraica. Una di queste comunità si era formata nel
territorio di Platano, che dai tempi della colonizzazione romana era stata sede
d’immigrazione di nuclei ebraici.
Secondo
lo storico Michele Amari:
Dalla tradizione, al par che dal
linguaggio, parecchie tribù berbere sembrano senza dubbio d’origine semitica;
ovvero, se tutta la gente berbera il sia, quelle sembran passate in Occidente
in tempi men remoti, talché il dialetto loro abbia ritenuto molto più delle
voci e forme semitiche.[1]
Dopo la sconfitta definitiva
degli Arabi e la conseguente distruzione del castello di Platano, gli abitanti
Siculo-berberi, d’origine semitica, continuarono ad abitare sul colle Platanos.
Federico II e i suoi eredi favorirono la colonizzazione delle terre
circostanti, mediante l’immigrazione di famiglie ebree d’origine sveva, e
chiamarono il nuovo insediamento Rahal - al-Gidìdi e le terre dei dintorni
costituirono il feudo Judica o Giudecca.