MAKARA: LA CITTA' BEATA


MAKARA


                                             Capo Bianco l'antico approdo di Makara-Minoa.

Il territorio della bassa valle del fiume Platani, un tempo Halykos, è stato popolato fin dai tempi più remoti, perché presentava due caratteristiche fondamentali: la fertilità del suolo e la navigabilità del suo corso d’acqua, principale via di comunicazione tra la costa e l’interno dell’isola. Il fiume nasce da una sorgente in contrada Carcaci in provincia di Palermo, si unisce con il corso d’acqua di contrada Le Piane in vicinanza di Cammarata, attraversa i territori di alcuni paesi della provincia di Agrigento, si arricchisce con le acque di altri torrenti e va a sboccare a Capobianco nel mar Mediterraneo. La foce del fiume (oggi a delta) è stata per lungo tempo un importante porto naturale, di cui si sono serviti Sicani e Fenici per i loro scambi commerciali.


In questo punto nevralgico nel corso dei secoli sono sorte tre diverse città: Makara (sicano-fenicia) Minoa (rodio-cretese) ed Eraclea (spartana). Nel XIII secolo a. Cristo sul promontorio di Capobianco esisteva un villaggio che gli storici greci chiamarono Makara (o Makkara), la città beata. Eraclide Pontico ne attribuisce la fondazione ai Rodii e la indica come sede dell’approdo dei Cretesi di Minosse.[1] Si sconosce quale sia stato l’originale nome sicano del villaggio, essendo il predetto appellativo di chiara origine fenicia. Non possiamo far altro che accettarlo così come c’è pervenuto, secondo il mito minoico. Dopo alcuni secoli, il piccolo villaggio, ingrandito dai Fenici, si trasformò in uno dei principali empori commerciali della Trinacria e assunse un ruolo importante nel commercio di prodotti agricoli, sale e zolfo. Fenici e Sicani s’incontravano alla foce dell’Halykos e sul pianoro del promontorio di Capobianco e scambiavano i loro prodotti. Makara prosperò all’ombra delle famose città sicane: Inico e Camico, di cui probabilmente fu uno degli scali commerciali.
La mitologia ci ha tramandato che Makara, antichissimo punto d’approdo sulla foce dell’Halykos, esisteva al tempo dello sbarco di Dedalo nella terra dei Sicani. A tal proposito, Cluverio riferisce che Minosse, inseguendo Dedalo, sbarcò in Sicilia nella città chiamata Makara (conosciuta come la città dei commercianti), alla quale dopo la sua morte fu posto, in suo onore, il nome di Minoa.[2] Per raggiungere la reggia di Kokalos i Cretesi hanno avuto bisogno di appropriarsi dello scalo di Makara, stabilirvi il proprio accampamento e da lì prendere contatti con i Sicani. Una testimonianza in tal senso c’è data da Benedetto Maria Candioto:
I Cretesi, avendo raggiunto la città di Macara, toltole il nome antico, la chiamarono col nome di Minoa e col decorso del tempo fu nominata Eraclea Cretese Lilibetana.[3]
Fino ad oggi non sono state scoperte testimonianze archeologiche scientificamente certe su Makara e dai pochi cenni storici possiamo arguire che, in seguito alle lotte tra Cretesi e Sicani e alla conseguente colonizzazione, Makara lentamente scomparve e sulle sue rovine fu costruita la città di Minoa.[4] Prima della colonizzazione minoica gli abitanti di Makara praticavano la pastorizia e l’agricoltura. L'abitato faceva parte di un gruppo di piccoli villaggi, sparsi in vicinanza della foce del fiume Alykos, che costituivano la città sicana.
La colonizzazione fenicia modificò l’organizzazione sociale dei Sicani: i nuclei centrali della città furono protetti da una cinta muraria e furono avviati scambi di merci con le popolazioni delle altre città. La comunità era retta da un sovrano, la cui autorità non era mai messa in dubbio. Non c’erano leggi scritte, perché ancora non si conosceva la scrittura. Chi regnava su Makara al tempo dello sbarco dei Cretesi non c’è dato di conoscere. Si può ipotizzare che il villaggio facesse parte del regno sicano di Kokalos e, non essendo fortificato, è stato facilmente occupato. L’occupazione e la fine di Makara possono essere avvenute in due diversi momenti: secondo il mito minoico con Minosse e la sua spedizione punitiva; secondo alcuni studiosi potrebbe essere avvenuta con il tentativo della
Alleanza acragantino-lindia, tendente a prolungare sempre più verso Occidente il movimento di espansione che, iniziatosi da Gela nella seconda metà del VII secolo a. C., e sviluppatosi lungo la fascia costiera… L’alleanza acragantino-lindia, per la quale in sostanza Falaride avrebbe aiutato Pentatlo a sistemarsi a Minoa (in quel tempo ancora Makara) … si capisce pure che, conclusasi felicemente l’impresa, bisognava cambiare nome alla città sicana, la quale si sarebbe dovuta nominare evidentemente dal re-dio vendicativo.[5]
Quale che fu la verità storica, i Greci, occupate le città sicane, trovarono una civiltà meno sviluppata della loro. Modificarono il mito di Kokalos e Minosse a loro uso e consumo e cominciarono a instaurare rapporti commerciali con i Sicani. Si servirono del porto di Makara e del fiume Halycos per spingersi verso l’interno dell’isola e diedero un gran contributo alla civilizzazione del nostro territorio. 

 




























[1] Cfr. E. Pais, Storia della Sicilia e della Magna Grecia, 106; L. Rizzuti, Camico, 22.
[2] Cfr. Diodoro, IV, 79.
[3] B. M. Candioto, De’ saggi storici, 138.
[4] Cfr. V. Amico, Dizionario Topografico della Sicilia, tradotto e annotato da G. Di Marzo.
[5] F. P. Rizzo, Akragas e la fondazione di Minoa, 137-138.

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