CATTOLICA ERACLEA DAL 1920 AL 1930

 Cattolica Eraclea 1920-1930 (Tratto dal libro da Eraclea Minoa a Cattolica Eraclea)

La fortuna politica della famiglia La loggia con l’avvento del fascismo venne meno. Enrico La loggia accusò di brogli elettorali il regime ed ebbe una lite furibonda con il gerarca fascista Storace. Per la sua condotta antifascista fu sottoposto a misure di prevenzione e costretto ad abbandonare l’attività politica per tutto il ventennio. Salvatore La Loggia fu l’ultimo sindaco eletto democraticamente, seguì la sorte del fratello Enrico e si ritirò dalla politica attiva. Con l’affermarsi del regime fascista, furono smantellati i consigli comunali, abolite le cariche di sindaco ed assessori e l’amministrazione comunale fu affidata ad un podestà di nomina prefettizia, indicato dai gerarchi fascisti. Dopo il sindaco Salvatore La Loggia, furono nominati vari Commissari Regionali, fino ad arrivare alla nomina del primo podestà: il notaio Antonino Tutino, che nel periodo pre-fascista aveva contrastato la politica social riformista dei La Loggia. 

            Negli anni che precedettero il fascismo iniziò l'emigrazione verso gli Stati Uniti d'America, l'Argentina, il Brasile e il Venezuela. L'America ricca (Stati Uniti) era il sogno degli emigranti cattolicesi; l'America povera (Brasile, Argentina, Venezuela) il ripiego e l'ultima speranza dei più bisognosi. Dal 1910 al 1925 si sviluppò il fenomeno dell'emigrazione clandestina; molti rimasero nelle terre americane, altri ritornarono o perché rimpatriati, o dopo aver messo da parte un gruzzoletto, sufficiente per comprarsi qualche ettaro di terra e, quindi, riuscire a procurare i mezzi di sostentamento alla propria famiglia. Alcuni di loro ritornarono convertiti alla religione dei protestanti evangelici e cercarono di diffonderla in paese. Incontrarono resistenze nel clero locale e provocarono la vivace contestazione di alcune cattoliche bigotte.

            Al declino politico di Enrico La Loggia, provocato dal prorompente fascismo, corrispose a Cattolica Eraclea una perdita di potere da parte della borghesia più illuminata, dei ricchi borgesi e del movimento contadino. L'aristocrazia e i membri della borghesia più ricca di Cattolica Eraclea, invece, aderirono al fascismo, perché nell’ideolo­gia fascista intravedevano la possibilità di riacquistare il potere, la sicurezza economica e gli antichi privilegi. Luogo d'incontro (talvolta di scontro) degli aristocratici e dei ricchi borghesi era il circolo dei civili (comunemente inteso dei cavallacci). In quel tempo esserne socio significava conquistarsi una posizione sociale invidiabile, partecipare alla gestione del potere. In verità, era oltremodo difficile riuscire ad ottenere l'ammissione in qualità di socio del predetto circolo per i giovani, non provenienti da famiglie aristocratiche o presunte tali. Di solito erano richiesti requisiti speciali: ricchezza o agiatez­za, appartenenza a famiglie che, almeno da due generazioni, avessero portato il cappello con dignità. La cultura, anche se elevata, era tenuta in poca considerazione. Questo stato di cose cambiò negli anni cinquanta, quando un gruppo di studenti universitari si rese conto che era arrivato il momento di dire basta alle pretese degli ex gerarchi fascisti.

 

             Il ventennio fascista

 

            Aristocratici, ricchi borghesi ed esponenti della Destra nazionalista furono i fondatori e gli assertori del fascismo a Cattolica Eraclea. In verità, nel nostro paese questo movimento politico non raggiunse mai gli eccessi reazio­nari, come negli altri paesi d'Italia, anche perché dal popolo fu accettato passivamente. Contadini e operai, impegnati nella quotidiana lotta per pro­cacciarsi il pane e non avendo fiducia verso alcuna forma di governo, avendone conosciuto solo le tasse e la leva obbligatoria, non s’interessavano di politica.[1] Accettarono il fascismo, considerandolo l'espressione del volere dei padroni di sempre. Analfabetismo e povertà delle famiglie contadine provocavano disinteresse per la vita pubblica. Un ritratto dello stato sociale ed economico, in cui vivevano i nostri contadini, ci è stato lasciato dal compianto prof. Antonio Vento:

            La più povera delle categorie, che gravava sull’agricoltura, era quella dei braccianti agricoli, cioè di coloro che non avevano un mestiere da svolgere e non riuscivano a trovare altrove i mezzi di sostentamento. Il loro lavoro veniva esageratamente sfruttato non solo perché pagati malissimo, ma anche perché da essi si pretendeva una giornata lavorativa che doveva durare dal sorgere del sole al suo tramonto… Mi ricordo anche che per i più poveri era stata istituita la mensa dei poveri, gestita dalle suore di Sant’Anna presso il vecchio collegio (Badia) dove c’era pure un orfanotrofio ed un asilo infantile a pagamento. Tanti poveri si affollavano dietro il portone in attesa dell’ora in cui le suore aprivano le porte e cominciavano la distribuzione di una minestra calda. [2]

 

            Gli artigiani, in parte protetti ed incoraggiati dal nuovo regime, prestavano maggiore attenzione alle vicende politiche e nello stesso tempo riuscivano a guadagnare quanto necessario ed i più fortunati avevano la possibilità di mandare i figli a scuola fino all'età di 10-12 anni.

Le elezioni del 1924 furono caratterizzate, anche nel nostro comune, dal successo strepitoso della lista del Littorio, dovuto alle pressioni esercitate dal ceto nobile e dagli agrari. Del resto per tutta la Sicilia la vittoria del fascio non fu dovuta all’espressione di una libera volontà popolare, poiché

 

            La coercizione delle coscienze e delle volontà fu esercitata su larga scala e nelle campagne non conobbe limiti… In tutto il paese, ove più ove meno, il successo fascista fu netto e inconfutabile.[3]

 

      Il fascismo si diffuse maggiormente negli ambienti della scuola, dove si distinse l’attivismo degli insegnanti e degli studenti. In tutta la provincia la scuola pubblica dagli antifascisti era considerata:

 

    Fucina di delatori, tenuto conto del fanatismo di taluni elementi, e a livello docente e a livello discente…[4]

 

    Esempio emblematico di questo modo di pensare era la cura che riservavano i maestri elementari ai saggi ginnici, che erano fatti al campo sportivo “Balilla”, sito in via Oreto o nelle piazze il 24 maggio di ogni anno (per Cattolica ricorrenza dell’anniversario della fondazione). Durante l’esecuzione degli esercizi ginnici, non erano ammessi errori; gli alunni che sbagliavano qualche movimento erano puniti severamente, a volte anche con la bocciatura.

Come abbiamo accennato, dopo un certo numero di commissari, nominati dal prefetto di Agrigento, nell'aprile del 1927 fu eletto podestà il notaio Antonino Tutino, che amministrò il comune fino al 1931. Nel 1929 ci fu una rivolta popolare, causata dalla tassa sul ritiro degli escrementi. Il podestà, per eliminare l'uso primitivo di andare a buttare gli escrementi umani e degli animali in periferia e in qualche caso direttamente in mezzo alla strada, aveva istituito un servizio di raccolta, molto lodevole, che veniva effettuato con l'impiego di alcuni carretti, forniti di grandi recipienti. Gli addetti al servizio passavano giornal­mente di buon mattino per le strade del paese, ritiravano gli escrementi e li andavano a buttare in un luogo, lontano dal centro abitato. Il servizio piacque e fu gradito, meno piacevole riuscì la tassa che il podestà dovette istituire per pagare gli addetti. Le donne si rivoltarono ed andarono a protestare vivace­mente in municipio, armate di sillette e cantari ripieni. Il podestà ritirò il provvedimento e in seguito si adoperò per la costruzione della fogna­tura, che realizzò nel 1930, unitamente ad altre opere di pubblica utilità.

     Dopo il concordato del 1929, la chiesa cattolica si avvicinò al regime fascista e lo sostenne pubblicamente, seguendo l’esempio del vescovo di Agrigento Giovan Battista Peruzzo, amico del federale Di Marsciano.[5] Da quest’intesa nacque la lotta alle chiese evangeliche.



[1] Cfr. le interviste, pubblicate in appendice.

[2] A. Vento, Ricordi di Cattolica Eraclea tra le due Guerre Mondiali, 11-12.

[3] F. Renda, Storia della Sicilia, III, 1195.

[4] G. Riggio, Vita e cultura agrigentina del 900, 87.

[5]  Cfr. F. Renda, Intervista pubblicata in appendice.

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